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e politica, in cui era la crisi e la salute. D’altra parte lui, che negava l’esistenza di Omero, non osò sottoporre alla sua critica il mito di Adamo e le tradizioni bibliche e il dogma della Provvidenza e la missione del cristianesimo, lasciando grandi ombre nelle sue pitture. Vedi la coscienza moderna rilucere nel mondo pagano, ardito nelle sue negazioni e nelle sue spiegazioni, e quando sta per entrare nel mondo inquieto e appassionato dei vivi, chiudere gli occhi per non vedere. Ciò che è proprio de’ grandi pensatori, aprire le grandi vie, stabilire le grandi premesse, e lasciare a’ discepoli le facili conseguenze. Come Cartesio, Vico non indovinò i formidabili effetti che doveano uscire dalle sue speculazioni. Cartesio avrebbe rinnegati per suoi Spinosa e Locke, e Vico Condorcet, Herder ed Hegel, poichè si occupa più degli antichi che de’ moderni, più de’ morti che de’ vivi, i vivi lo dimenticarono. La sua Scienza parve più una curiosa stranezza di erudito, che una profonda meditazione di filosofo, e non fu presa sul serio.

Intanto il secolo camminava con passo sempre più celere, tirando le conseguenze dalle premesse poste nel secolo decimosettimo. La scienza si faceva pratica, e scendeva in mezzo al popolo. Non s’investigava più, si applicava e si divulgava. La forma usciva dalla calma scientifica, e diveniva letteraria; le lingue volgari cacciavano via gli ultimi avanzi del latino. Il trattato e la dissertazione divenivano memorie, lettere, racconti, articoli, dialoghi, aneddoti; forme scolastiche e forme geometriche davano luogo al discorso naturale, imitatore del linguaggio parlato. La scienza prendeva aria di conversazione, anche negli scrittori più solenni come Buffon e Montesquieu, conversazione di uomini colti in sale eleganti. Per dirla con Vico, la sapienza riposta diveniva sapienza volgare, e, scendendo nella vita, prendeva le passioni e gli abiti della vita, ora amabile e