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forma. La sua poesia nervosa, rilevata, succosa e insieme rozza e aspra è l’antitesi di quella letteratura vuota, sofistica, e leziosa, venuta su col Marini.
Campanella scrisse infiniti volumi, e de omnibus rebus. Nessuna parte dello scibile gli è ignota, scienze occulte e naturali, teologia, metafisica, astronomia, fisica, fisiologia. È un primo schizzo di enciclopedia, un primo albero della scienza. Dovunque fissa lo sguardo, vede o intravede cose nuove. Notabile è soprattutto l’interesse che prende per l’educazione e il ben’essere del popolo. La scienza fino allora è stata aristocratica, religiosa e politica, rimasta nelle alte cime, più intenta al meccanismo sociale che al miglioramento dell’uomo. In lui si vede accentuata questa tendenza, che i mutamenti politici sono vani, se non hanno per base l’istruzione e la felicità delle classi più numerose. A questo scopo si riferiscono i suoi più bei concetti: la riforma delle imposte, sì che non gravassero principalmente sugli artigiani e i villani, toccando appena i cittadini o borghesi, e niente i nobili; l’imposta sul lusso e su’ piaceri; i ricoveri per gl’invalidi, gli asili per le figliuole de’ soldati; i prestiti gratuiti a’ poveri sopra pegni, le banche popolari, gli impieghi accessibili a tutti, un codice uniforme, l’uniformità delle monete, l’incoraggiamento delle industrie nazionali, più proficue che le miniere. Lasciare le discussioni astratte, le sottigliezze teologiche, malattia del tempo, e volgersi alla storia, alla geografia, allo studio del reale per migliorare le condizioni sociali, questa è l’ultima parola di Campanella. La prima opera del filosofo, egli dice, è comporre la storia dei fatti. Ci è già la nuova società che si andava formando sulle rovine del regime feudale. Ci è tutto un rinnovamento sociale, accompagnato, quanto a’ suoi procedimenti, da questo motto profondo: che i moti umani durevoli son fatti prima dalla lingua e poi dalla spada; o, in