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nè altre ne avea il Tansillo, e più tardi il Marino e gli altri lirici del seicento. Ma Bruno avea facoltà più poderose, che trovarono alimento ne’ suoi studii filosofici. Avea la visione intellettiva, o, come dicono, l’intuito, facoltà che può esser negata solo da quelli che ne son senza, e avea sviluppatissima la facoltà sintetica, cioè quel guardar le cose dalle somme altezze e cercare l’uno nel differente. Non era di ugual forza nell’analisi, dove non mostra pazienza e sagacia d’investigazione, ma quell’acutezza sofistica d’ingegno, che fa di lui l’ultimo degli scolastici nelle argomentazioni, e il precursore dei marinisti ne’ colori. Supplisce all’analisi con l’immaginazione, fantasticando, dove non giunge la sua visione, saltando le idee medie, e sforzandosi divinare quello che per lo stato allora della cognizione non può attingere. Spesso le sue idee sono immagini, e le sue speculazioni sono fantasie e allegorie. Ci era nel suo petto un Dio agitatore, che sentono tutt’i grandi ingegni; ed era un Dio filosofico, attraversato e avviluppato di forme poetiche, che gli guastano la visione e lo dispongono più a costruire lui il mondo, che a speculare sulla costruzione di quello. Con queste forze e con queste disposizioni si può immaginare qual viva impressione dovettero fare sul suo spirito gli studii filosofici. La sua cultura è ampia e seria; si mostra dimestico non solo de’ filosofi greci, ma de’ contemporanei. Ha una speciale ammirazione verso il divino Cusano, e molta riverenza pel Telesio. Il suo favorito è Pitagora, di cui afferma invidioso Platone. Alla sua natura contemplativa e poetica dovea riuscire sommamente antipatico Aristotile, e ne parla con odio, quasi nemico. Cosa dovea parere a quel giovine tutto quell’edifizio teologico-scolastico-aristotelico sconquassato dagli uomini nuovi, ma saldo ancora nelle scuole, sul quale s’innestava una società corrotta e ipocrita? Il primo movimento del suo spirito fu negativo e pole-