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comune il concetto; luoghi comuni gli accessorii. Non mira efficacemente a convertire, a persuadere l’uditorio; non ha fede, nè ardore apostolico, nè unzione; non ama gli uomini, non lavora alla loro salute e al loro bene. Ha nel cervello una dottrina religiosa e morale di accatto, ed ereditaria, non conquistata col sudore della sua fronte, una grande erudizione sacra e profana: ivi niente si move, tutto è fissato e a posto. La sua attività è al di fuori, intorno al condurre il discorso e distribuire le gradazioni, le ombre e la luce e i colori. Gli si può dar questa lode negativa, che se spesso stanca, non annoia l’uditorio, che tien sospeso e maravigliato con un crescendo di gradazioni e sorprese rettoriche; e talora piacevoleggia e bambineggia per compiacere a quello. Ancora è a sua lode, che si mostra scrittore corretto, e non capita nelle stramberie del Panigarola, o nelle sdolcinature e affettazioni de’ suoi successori.

Si può ora scorgere il cammino della letteratura, iniziata nel Boccaccio, reazione all’ascetismo, negativa e idillica. La negazione percorse tutta la scala delle forme comiche dalla caricatura del Boccaccio allo umorismo del Folengo, e si sciolse nello sfacciato cinismo di Pietro Aretino: fu essa vita e anima delle novelle, delle commedie, de’ capitoli, de’ poemi romanzeschi. Semplice negazione, finì nella sensualità, nella licenza delle idee e delle forme, in un pretto materialismo. Accanto a questo elemento negativo ci era l’idillio, un ritiro dell’anima dalle astrazioni teologiche e dalle agitazioni politiche, nella semplicità e nella quiete della natura, un naturalismo spiritualizzato dal sentimento della forma o della bellezza, che produsse i miracoli della poesia e della pittura. La grazia, l’eleganza, la finitezza delle forme, la misura e l’armonia nell’insieme e nelle parti sono l’impronta di quest’aurea età. Ma questa letteratura portava in sè il germe della dissoluzione ed era la sua ten-