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Porpora de’ giardin, pompa de’ prati,
Gemma di primavera, occhio d’aprile,
Di te le grazie e gli amoretti alati
Son ghirlanda alla chioma, al sen monile.
Tu qualor torna agli alimenti usati
Ape leggiadra, o zeffiro gentile,
Dài lor da bere in tazza di rubini
Rugiadosi licori e cristallini.
Non superbisca ambizïoso il sole
Di trïonfar fra le minori stelle,
Chè ancor tu fra’ ligustri e le vïole
Scopri le pompe tue superbe e belle,
Tu sei con tue bellezze uniche e sole
Splendor di queste piagge, egli di quelle;
Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo,
Tu sole in terra ed egli rosa in cielo.
E ben saran tra voi conformi voglie,
Di te fia il sole, e tu del sole amante,
Ei delle insegne tue, delle tue spoglie
L’aurora vestirà nel suo levante.
Tu spiegherai ne’ crini e nelle foglie
La sua livrea dorata e fiammeggiante,
E per ritrarlo ed imitarlo appieno
Porterai sempre un piccol sole in seno.
Evidentemente, qui non ci è il sentimento della natura, e non la schietta impressione della rosa. Hai combinazioni astratte e arbitrarie dello spirito, cavate da somiglianze accidentali ed esterne, che adulterano e falsificano le forme naturali, e creano enti mostruosi che hanno esistenza solo nello spirito. La vita pastorale già nel Tasso ha i suoi ricami, che però fregiano forse un po’ troppo, ma non adulterano gli oggetti e i sentimenti. Ed anche l’Adone ha il suo pastore, che vuole imitare, anzi oltrepassare il pastore di Erminia, e conchiude così: