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pompa di sentenze morali e d’intenzioni platoniche si afferma nella sua nudità presso il Guarini, e diviene il motivo della nuova generazione poetica. Il seicento non è una premessa, è una conseguenza.

La letteratura italiana era allora così popolare in Europa, come prima fu la provenzale, e poi la francese. In verità, quanto alla parte tecnica, giungeva allora all’ultima perfezione. I più mediocri scrivono con piena osservanza delle regole grammaticali, con un nesso logico più severo, e con un fare più spedito. Si vede una letteratura già formata, quando le altre erano allora in uno stato di formazione. Critici, retori, grammatici, professori, accademici pullulavano dappertutto, fra una turba di poeti e di prosatori in tutt’i generi. L’Italia del seicento non solo non ha coscienza della sua decadenza, ma si tiene ed è tenuta principe della coltura letteraria. Nessuno le contende il primato, e le altre nazioni cercano ne’ suoi novellieri, ne’ suoi epici, ne’ suoi comici le loro invenzioni e le loro forme.

Dicono che nel seicento si sviluppò una rivoluzione letteraria, e che tutti cercavano novità. Il che prova appunto che la letteratura avea già presa la sua forma fissa, e compiuto il suo circolo. Le novità non si cercano, ma si offrono, quando la letteratura comincia a svilupparsi: allora tutto è fresco, tutto è nuovo. Cercavano novità, perchè si sentivano innanzi ad una letteratura esaurita nel suo repertorio e nelle sue forme, divenuta tradizionale, meccanica, e già materia comica nella Secchia rapita e nello Scherno degli Dei, poemi comici comparsi al principio del secolo, dove sono volte in ridicolo le forme mitologiche ed epiche. Ma è comico vuoto e negativo, perchè gli manca il rilievo nel contrasto di altre forme, e nulla di positivo è nello spirito de’ due autori, il Tassoni e il Bracciolini. Nel loro spirito quelle forme son morte, e perciò ridicole, ma in-