la parodia del passato ne’ suoi diversi aspetti, religioso, etico, dottrinale, in novelle, capitoli e commedie: onde si sviluppa una ricca letteratura, buffonesca, ironica, licenziosa, umoristica. E come il comico non chiude in sè alcuna affermazione, anzi viene da indifferenza e da scetticismo, ha tutt’i segni di una dissoluzione morale, di cui la più sfacciata espressione sono le commedie dell’Aretino, e riesce in ultimo superficiale e frivolo. L’immaginazione in quella insipidezza della vita interiore, in quella poca serietà della vita esteriore si gitta al romanzesco, e vi si trastulla colla coscienza superiore di un intelletto adulto, con la coscienza che gli è un gioco e un passatempo; situazione che attinge la sua bellezza artistica nel mondo armonico dell’Ariosto, e si scioglie nell’umorismo del Folengo. E quando, giunta la licenza al suo ultimo segno ne’ costumi e nello scrivere, vi si volle porre un rimedio, e sopravvenne la reazione ascetica e platonica, quando si volle imporre alla coscienza italiana un’affermazione, e alla letteratura un ideale, risorse l’idillio, l’ideale del naturalismo, e fu la sola forza viva fra tanti ideali religiosi, morali, platonici, con visibile contrasto tra i concetti platonici e religiosi, e la sensualità dell’idillio. La letteratura prende un’apparenza religiosa e morale, epica e tragica; e la pompa delle sentenze, il lusso de’ colori, la grandiloquenza rettorica, la finezza de’ concetti rivelano la poca serietà di quelle tendenze. Sotto a quelle apparenze vive ne’ più seducenti colori un mondo lirico idillico; il naturalismo condannato nelle parole è la vera vita organica, che vien fuori in una forma di apparenze meno licenziose, ma più raffinata e voluttuosa. Il sentimento di questa transizione nelle sue contradizioni e nella sua sincerità si riflette nella nobile anima del Tasso, e ne cava suoni malinconici, elegiaci, voluttuosi, musicali, che sono l’ultimo raggio della poesia. Quel mondo idillico fra tanta