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gari, e conchiude che il bello è la natura angelica, ovvero l’anima in quanto si purga, che è appunto il concetto della sua Gerusalemme. Evidentemente, confonde il bello col vero e colla perfezione morale, intravede l’ideale, e non lo coglie, e si discosta dalla poesia, quanto più si accosta a quel concetto, come nella Conquistata e nelle Sette giornate. Il dialogo è platonico nel concetto e nell’andamento, ma vi desideri la grazia e la freschezza di quel Divino.
Il secolo comincia con l’Arcadia del Sannazzaro, e finisce con l’Arcadia del Guarini, detta il Pastor fido. L’idillio, attraversato nel suo cammino dalla moda cavalleresca, ripiglia forza e resta padrone del campo, sviluppandosi a forma drammatica.
L’idillico e il comico erano generi viventi insieme col romanzesco, e rappresentavano quella parte di vita poetica rimasta all’Italia. Il tragico e l’eroico erano pura imitazione. Perciò il comico e l’idillico si sprigionano in parte dalle forme classiche e prendono un aspetto più franco.
Il comico sviluppato in una moltitudine di novelle e di commedie lasciava quel fondo convenzionale di Plauto e Terenzio, e produceva caratteri freschi e vivi, e per piacere si accostava alle forme della vita popolare e anche a quel linguaggio, ora mescolando con l’italiano il dialetto, ora scrivendo tutto in dialetto. Le farse napolitane accennavano già a questo genere. Ne scrisse anche di simili Beolco, o il Ruzzante, detto il famosissimo. Gli attori cominciarono a contentarsi del canavaccio o del semplice ordito, come si fa nei balli teatrali, e improvvisavano il linguaggio, a quel modo che facevano gli antichi novellieri. Compagnie di rapsodi o improvvisatori si sparsero in Italia, e anche più tardi a Parigi e a Londra, traendosi appresso un repertorio, dove attinsero molti soggetti e pensieri e situazioni dramma-