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così com’era, nel suo immediato. Il che avviene quando la coscienza e l’immaginazione sono già preoccupate, e non conservano nella loro verginità le concezioni dell’intelletto. Se è vero che concependo Sofronia, il Tasso pensasse a Eleonora, è una ragione di più, che ci spiega l’artificio e la durezza di questa costruzione. Perciò Sofronia è la meno viva e la meno interessante fra le donne del Tasso, e non è stata mai popolana. Ma Sofronia è umanizzata di Olindo, il femminile, in un episodio, dove l’uomo è Sofronia, Olindo diviene eroe per amore, come altri diviene eroe per paura. Il suo carattere non è la forza, qualità estranea al tempo ed al Tasso, e che senti così bene in quel sublime: me me, adsum qui feci, in me convertite ferrum, imitato qui a rovescio e rettoricamente. Il carattere di questo timido amante, o mal visto, o mal noto, o mal gradito, presentato a’ lettori in una forma artificiosa e sottile, è l’eco del Tasso, un’anticipazione del Tancredi, la stampa di quel tempo e di quel poeta, un elegiaco spinto sino al gemebondo, un idillico spinto sino al voluttuoso. Il vero eroe del poema è Tancredi, che è il Tasso stesso miniato, personaggio lirico e subbiettivo, dove penetra il soffio di tempi più moderni, come in Amleto. Tancredi è gentiluomo, cioè cavalleresco nel senso più delicato e nobile, gagliardo e destro più che gigantesco di corpo, malinconico, assorto, flebile, amabile, consacrato da un amore infelice. La sua Clorinda è una Camilla battezzata, tradizione virgiliana che al momento della morte si rivela dantesca e petrarchesca. Carattere muto, diviene intelligibile e umano in morte, come Beatrice e Laura. La sua apparizione a Tancredi ricorda quella di Laura, ed è una delle più felici imitazioni. La formazione poetica della donna non fa in Clorinda alcun passo; rimane reminiscenza petrarchesca. E se vuoi trovare l’ideale femminile compiutamente realizzato nella vita in quel suo