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moens, un viaggio sotterraneo assai stentato di concetto e di forma, e vi aggiunse una storia anteriore delle Crociate dipinta nella tenda di Goffredo. Rese il poema più pesante, ma non più religioso, perchè la religione non è nel dogma, non nella storia e non nelle forme, ma nello spirito. E lo spirito religioso, come qualunque fenomeno della vita interiore, non è cosa che si possa mettere per forza di volontà.
Volea fare anche un poema serio. Ma la sua serietà è negativa e meccanica, perchè da una parte consiste nel risecare dalla vita ariostesca ogni elemento plebeo e comico, e dall’altra in un ordito più logico e più semplice, secondo il modello classico. E sente pure di non esservi riuscito, e nella Gerusalemme rifatta usa colori ancora più oscuri, e cerca un meccanismo più perfetto. Gitta tutt’i personaggi nello stesso stampo, e per far seria la vita la fa monotona e povera. Cerca una serietà della vita in tempi di transizione, oscillanti fra tendenze contraddittorie, senza scopo e senza dignità. Cerca l’eroico, quando mancavano le due prime condizioni di ogni vera grandezza, la semplicità e la spontaneità. La sua serietà è come la sua religione, superficiale e letteraria.
E voleva soprattutto dare al suo poema un aspetto di credibilità e di realtà. Sceglie i suoi elementi dalla storia; cerca esattezza di nomi e di luoghi; guarda ad una connessione verosimile d’intreccio; e, come uno scultore, ingrandisce i suoi personaggi con tale uguaglianza di proporzioni che sembrano tolti dal vero. Chiude in limiti ragionevoli i miracoli della forza fisica; nè la forza e il coraggio sono i soli fattori del suo mondo, ma anche l’esperienza, la saggezza, l’abilità e la destrezza. Rifacendo la Gerusalemme, accentuò ancora questa sua intenzione, cercando maggiore esattezza storica e geografica. Nelle sue tendenze critiche e artistiche si vede