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tria universale o cattolica, col suo centro a Roma. Venne in voga predicare contro gli eretici, e celebrare le vittorie cattoliche sopra i turchi come quella di Lepanto, e più tardi quella di Vienna. Papa e Spagna imperavano, nessuno riluttante. Ma se Filippo II o Luigi XIV potevano dire: Lo Stato son io; Spagna e Papa non potevano dire: L’Italia siamo noi. Mancavano loro quei gagliardi consensi che vengono dal di dentro e formano il vincolo nazionale. Lo spirito italiano ubbidiva inerte e non scontento, ma rimaneva al di fuori, non s’immedesimava in loro. Le idee vecchie non erano credute più con sincerità, e mancavano idee nuove, che formassero la coscienza e rinvigorissero la tempra: indi quel consenso superficiale ed esteriore, quello stato di acquiescenza passiva e di sonnolenza morale. L’intelletto in quella sua virilità non apparteneva a loro, era contro di loro. E se vogliamo trovare i vestigi di una nuova Italia, che si vada lentamente elaborando, dobbiamo cercarli nell’opposizione fatta a Spagna e Papa. La storia di questa opposizione è la storia della vita nuova.
Il primo fenomeno di questa sonnolenza italiana fu il meccanismo, una stagnazione nelle idee, uno studio di fissare e immobilizzare le forme. Si arrestò ogni movimento filosofico e speculativo. Il Concilio di Trento avea poste le colonne d’Ercole, avea pensato esso per tutti. La scienza fu presa in sospetto. Permesso appena il platonizzare. I grandi problemi della destinazione umana, etici, politici, metafisici, furono messi da parte, ed al pensiero non rimase altro campo che lo studio della natura ne’ limiti della Bibbia. Crebbe invece lo studio delle forme.
Fu allora che si formò l’Accademia della Crusca, e fu il Concilio di Trento della nostra lingua. Anch’essa scomunicò scrittori e pose dommi. E ne venne un arruffio concepibile solo in quell’ozio delle menti.