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ceso. O con che belle tratteggiature i pennelli naturali spingevano l’aria in là, discostandola da’ palazzi con il modo che la discosta il Vecellio nel far de’ paesi. Appariva in certi lati un verde azzurro, e in alcuni altri un azzurro veramente composto dalle bizzarrie della natura maestra de’ maestri. Ella con i chiari e con gli scuri sfondava e rilevava in maniera, che io che so come il vostro pennello è spirito de’ suoi spiriti, e tre e quattro volte esclamai: O Tiziano, dove siete mo’? Per mia fe’ che voi aveste ritratto ciò che io vi conto, indurreste gli uomini nello stupore che confuse me». È notabile che questo sentimento della natura vivente, de’ suoi colori e de’ suoi chiaroscuri, non produce nella sua anima alcuna impressione o elevatezza morale, ma solo una ammirazione o stupore artistico, come in un italiano di quel tempo. Vede la natura a traverso il pennello di Tiziano e del paesista Vecellio, ma la vede viva, immediata, e con un sentimento dell’arte che cerchi invano nel Vasari. Fra tante opere pedantesche di quel tempo intorno all’arte e allo scrivere, le sue lettere artistiche e letterarie segnano i primi splendori di una critica indipendente, che oltrepassa i libri e le tradizioni, e trova la sua base nella natura.
Quale il critico, tale lo scrittore. Delle parole non si dà un pensiero al mondo. Le accoglie tutte, onde che vengano e quali che sieno, toscane, locali e forestiere, nobili e plebee, poetiche e prosaiche, aspre e dolci, umili e sonore. E n’esce uno scrivere, che è il linguaggio parlato anche oggi comunemente in Italia delle classi colte. Abolisce il periodo, spezza le giunture, dissolve le perifrasi, disfà ripieni ed ellissi, rompe ogni artificio di quel meccanismo, che dicevasi forma letteraria, s’accosta al parlar naturale. Nel Lasca, nel Cellini, nel Cecchi, nel Machiavelli ci è la stessa naturalezza, ma ci senti l’impronta toscana, tutta grazia. Questi è un toscano ine-