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bero chiamate ricatti. Il maestro del genere è lui. Specula soprattutto sulla paura. Il linguaggio del secolo è officioso, adulatorio; il suo tono è sprezzante e sfrontato. Le calunnie stampate erano peggio che pugnali; cosa stampata voleva dir cosa vera; e lui mette a prezzo la calunnia, il silenzio e l’elogio. Non gli spiacea aver nome di mala lingua, anzi era parte della sua forza. Francesco I gl’inviò una catena d’oro composta di lingue incatenate e con le punte vermiglie, come intinte nel veleno, con sopravi questo esergo: lingua ejus loquetur mendacium. Aretino gli fa mille ringraziamenti. Quando non gli conviene dir male delle persone, dice male delle cose, tanto per conservarsi la reputazione, come sono le sue intemerate contro gli ecclesiastici, i nobili, i principi. Così l’uomo abbietto fu tenuto un apostolo, e fu detto flagello de’ principi. Talora trovò chi non aveva paura. Achille della Volta gli diè una pugnalata. Nicolò Franco, suo segretario, gli scrisse carte di vituperii. Pietro Strozzi lo minaccia di ucciderlo, se si attenta a pronunziare il suo nome. È bastonato, sputacchiato. È lui allora che ha paura, perchè era vile e poltrone. Sir Howel lo bastona, ed egli loda il Signore che gli accorda la facoltà di perdonare le ingiurie. Giovanni, il gran diavolo, morendo gli disse: Ciò che più mi fa soffrire, è vedere un poltrone. Ma in generale amavano meglio trattarlo come Cerbero, e chiudergli i latrati, gittandogli un’offa. Le sue lettere sono capilavori di malizia e di sfrontatezza. Prende tutte le forme e tutti gli abiti, dal buffone e dal millantatore siano al sant’uomo calunniato e disconosciuto. Come saggio, ecco una sua lettera alla piissima e petrarchesca Marchesa di Pescara, che lo aveva esortato a cangiar vita e a scrivere opere pie:

«Confesso che non sono meno utile al mondo e meno gradevole a Gesù, spendendo le mie veglie per cose fu-

De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. II 9