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Ma il sentimento che move questo mondo lirico così serio e sincero non rimane puramente individuale o subiettivo; anzi la parte personale e contingente appena si mostra: esso è l’accento lirico dell’umanità a quel tempo la sua forma di essere, di credere, di sentire e di esprimersi. Quell’angeletta scesa dal cielo, che non giunge ad esser donna, breve apparizione, che ritorna al cielo in bianca nuvoletta, seguita dagli Angioli che le cantano Osanna, ma rimase in terra, come luce della verità, della quale l’amante si fa Apostolo, è tutto il romanzo religioso e filosofico di quell’età; è la vita che ha la sua verità nell’altro mondo, e che qui non è che Beatrice, fenomeno, apparenza, velo della eterna verità. Se la terra è un luogo di passaggio e di prova, la poesia è al di là della terra, nel regno della verità. Beatrice comincia a vivere quando muore.

Un mondo così mistico e spiritualista nel concetto, così dottrinale nella forma, se può essere allegoricamente rappresentato dalla scultura, se trova nella pittura e nella musica le sue movenze, le sue sfumature, il suo indefinito, è difficilissimo a rappresentare con la parola. Perchè la parola è analisi, distinzione, precisione, e non può rappresentare che un contenuto ben determinato, e nei suoi momenti successivi, più che nella sua unità. Analizzate questo mondo e vi svanisce dinanzi, come realtà o vita: l’analisi vi porta irresistibilmente al discorso, al ragionamento, alla forma dottrinale, che è la negazione dell’arte. Non bisogna dimenticare che la vita interna di questo mondo è la scienza, come concetto e come forma, la pura scienza, non penetrata ancora nella vita e divenuta fatto. È vero che per Dante la scienza dee essere non astratto pensiero, ma realtà. Se non che il male è appunto in questo dee essere. Perchè, prendendo a fondamento non quello che è, ma quello che dee essere, la sua poesia è ragionamento, esortazione, non rappre-

De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. I 5