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Così Guido divenne il capo della nuova scuola, il creatore del nuovo stile, e oscurò Guido Guinicelli:
Così ha tolto l’uno all’altro Guido
La gloria della lingua.
Ma la gloria della lingua non bastava a Guido, a cui lingua e poesia erano cose accessorie, semplici ornamenti: sostanza era la filosofia. Perciò aveva a disdegno Virgilio, parendogli dice il Boccaccio, la filosofia, siccome ella è, da molto più che la poesia. Sottilissimo dialettico, come lo chiama Lorenzo de' Medici, introduce nella poesia tutte le finezze rettoriche e scolastiche, e mira a questo, non solo di dir bene, ma dir cose importanti. I contemporanei studiarono la sua Canzone dell’amore, come si fa un trattato filosofico, e ne fecero comenti, come si soleva di Aristotele e di san Tommaso: anche più tardi il Ficino vi cercava le dottrine di Platone. Così Guido era tenuto eccellente non solo come artificioso ed elegante dicitore, ma come sommo filosofo.
Questo voleva Guido e questo ottenne, questo gli bastò ad acquistare il primo posto fra i contemporanei. Salutavano in lui lo scienziato e l’artista.
Ma Guido fu dotto più che scienziato. Fu benemerito della scienza perchè la divulgò, non perchè vi lasciasse alcuna sua orma propria. E fu artefice più che artista, inteso massimamente alla parte meccanica e tecnica della forma: vanto non piccolo, ma che tocca la sola superficie dell’arte.
La gloria di Guido fu là, dov’egli non cercò altro che un sollievo e uno sfogo dell’animo. Fu là, ch’egli senza volerlo e saperlo si rivelò artista e poeta. Vi sono uomini che i contemporanei ed essi medesimi sono incapaci di apprezzare. Guido era più grande ch’egli stesso e i suoi contemporanei non sapevano.
Guido è il primo poeta italiano, degno di questo nome,