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Ma era una società spensierata e accademica che non si era ancora guardata al di dentro, non si avea fatto il suo esame di coscienza. E quando per la prima volta gitta l’occhio entro di sè e domanda: Che sono dunque? onde vengo? ove vado? la risposta non poteva essere altra che questa: Sono corpo: vengo dalla terra e torno alla terra, l’alma parens, la gran madre antica. Questa risposta dapprima fa rabbrividire: sembra una scoperta, ed è un risultato. E invade le università e si attira i fulmini del Concilio. Zitto! grida la borghesia gaudente e spensierata che non volea esser turbata nel suo alto sonno. E la cosa rimase lì. Intus ut libet, foris ut moris, diceva Cremonino. Credete come volete, ma parlate come parlano. E le audacie del Valla e del Pomponazzo si perdettero nel rumore de’ baccanali. Ci era la cosa, ma non si voleva la parola. Materialismo era in tutto, nella vita, nelle lettere, nelle sue applicazioni alla morale, alla politica, all’uomo e alla natura. Ma non si chiamava materialismo. Si chiamava coltura, arte, erudizione, civiltà, bellezza, eleganza: ipocrisia in alcuni, in altri corta intelligenza. Così si viveva tutti in buon accordo e allegramente, e quando veniva la bile ci era lo sfogatoio, permesso di dir male de’ preti e anche del papa, e di abbandonarsi a tutt’i piaceri corporali, andando a messa, facendosi il segno della croce e gridando contro gli eretici, e specialmente contro i signori luterani che con le loro malinconie teologiche minacciavano il mondo di una nuova barbarie. Pigliare sul serio la teologia! questo per i nostri letterati era un tornare indietro di due secoli.
Fu appunto in quel tempo che Lutero, spaventato come Savonarola alla vista di così vasta corruttela italiana, proclamò la riforma, e regalò al mondo una teologia purgata ed emendata. Se innanzi al Papato fu un eretico, alla borghesia italiana apparve un barbaro, come Girolamo Savonarola|Savonarola. E in verità la sua teologia era in una vera con-