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che i pecorini al pane insalato». Parlando del banchetto che tenne l’astrologo con i suoi compagni di giunteria, lo Scheggia, il Pilucca e il Monaco, alle spese del candido Gian Simone, dice: «e fecero uno scotto da prelati, con quel vino che smagliava». Se il Lasca dee molto al dialetto, ha pure un pregio proprio che lo mette accanto al Berni, una intuizione chiara e viva delle cose, che te le dà scolpite in rilievo. Tale è il viaggio per aria del Monaco, come Zoroastro dà a credere al dabben Simone: «Zoroastro si stese in terra boccone, e disse non so che parole, e rittosi in piede e fatto due tomboli si arrecò da un canto del cerchio inginocchioni, e guardando fisso nel vaso, disse: Il Monaco nostro ha già riavuto il resto, e vassene con l’insalata verso Pellicceria per andarsene a casa; ma in questo istante io l’ho fatto invisibilmente alzare ai diavoli da terra: oh eccolo ch’egli è già sopra il vescovado; oh che gli vien bene, egli è già sopra la Piazza di Madonna; oh ora egli è sopra la vecchia di Santa Maria Novella; testè entra in Gualfonda; oh eccolo a mezza la strada; oh egli è già presso a meno di cinquanta braccia; oh eccolo, eccolo già rasente alla finestra; or ora sarà nel cerchio in pianelle, in mantello, in cappuccio, e con l’insalata e con le radici in mano: e subito, messo un grandissimo strido, cominciò a urlare, quanto gliene usciva dalla gola». Il nostro speziale, chè colui che chiamavano il Lasca nella accademia degli Umidi era appunto lo speziale Anton Maria Grazzini, dipinge con tanto rilievo gli oggetti, perchè li vede chiarissimi nell’immaginazione, e non si ha a travagliare intorno alla forma, e non v’usa alcuno artificio, scrive parlando. Nè è meno evidente e parlante nel dialogo. Simone, passata la paura e uscitogli tutto l’amore di corpo, non vuol più dare all’astrologo i venticinque fiorini promessogli. E dice allo Scheggia «Io ti giuro sopra la fede mia che mi è uscito tutto l’amor di