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naggio principale, è lo spirito stesso del racconto. La parte più seria del romanzo è certo la morte di Orlando; e anche lì quanti lazzi! Ecco il principio della grande battaglia:
Chi vuol lesso Macon, chi l’altro arrosto;
Ognun volea del nemico far torte;
Dunque vegnamo alla battaglia tosto,
Sì ch’io non tenga in disagio la morte,
Che colla falce minaccia ed accenna
Ch’io muova presto le lance e la penna.
Nell’inferno si fa gran festa, chè attendono i pagani; Lucifero trangugiava a ciocche le anime che piovean de’ seracini e san Pietro attende le anime de’ cristiani:
E perchè Pietro a la porta è pur vecchio,
Credo che molto quel giorno s’affanna,
E converrà ch’egli abbi buon orecchio,
Tanto gridavan quelle anime: Osanna,
Ch’eran portate dagli angeli in cielo:
Sicchè la barba gli sudava e il pelo.
I campi di battaglia svegliano immagini tolte ad imprestito da’ macellai e da’ cucinieri, i colpi di spada sono in modo così grossolano asagerati che la morte stessa diviene ridicola; i miracoli sono così strani e così caricati che perdono ogni serietà, come è Orlando morto, trasformato in colomba, che si posa sulla spalla di Turpino e gli entra in bocca con tutte le penne.
Se il buffone fosse di buona fede, seriamente credulo e sciocco, avremmo il grottesco, com’è ne’ romanzi primitivi. Ma qui il buffone è un uomo colto, che parla a un colto uditorio, e non è il buffone, ma fa il buffone, contraffacendo il cantastorie e la plebe che gli crede. Sicchè ci troviamo in quella stessa disposizione di animo,
De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. I | 26 |