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sua meditazione, e l’amore gli move l’immaginazione e gli fa trovare i più ricchi colori, sì ch’ella par fuori pomposamente abbigliata. L’artista è un filosofo, non è ancora un poeta. A quel contenuto cavalleresco, frivolo e convenzionale, così fecondo presso i popoli dove nacque, così sterile presso noi dove fu importato, succede Platone, la contemplazione filosofica. Non ci è ancora il poeta, ma ci è l’artista. Il pensiero si move, l’immaginazione lavora. La scienza genera l’arte.

La coltura cavalleresca, se giovò a formare il volgare, impedì la libertà e spontaneità del sentimento popolare, e creò un mondo artificiale e superficiale, fuori della vita, che rese insipidi gl’inizii della nostra letteratura, così interessanti presso altri popoli. Quel contenuto stazionario comincia a moversi presso Guido, di un moto impresso non da sentimento di amore, ma da contemplazione scientifica dell’amore e della bellezza: che se non riscalda il core, sveglia l’immaginazione. Questo dunque si ricordi bene, che la nostra letteratura fu prima inaridita nel suo germe da un mondo poetico cavalleresco, non potuto penetrare nella vita nazionale, e rimaso frivolo e insignificante, e fu poi sviata dalla scienza, che l’allontanò sempre più dalla freschezza e ingenuità del sentimento popolare, e creò una nuova poetica, che non fu senza grande influenza sul suo avvenire. L’arte italiana nasceva non in mezzo al popolo, ma nelle scuole, fra San Tommaso e Aristotele, tra S. Bonaventura e Platone.

La poesia di Guido ha il difetto della sua qualità: la profondità diviene sottigliezza, e l’immaginazione diviene rettorica, quando vuole esprimere sentimenti che non prova. Vuol esprimere il suo stato quando fu colpito dal dardo di amore, e dice che quel dardo

Per gli occhi passa, come fa lo trono1,

  1. Tuono