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stanza. Vi apparisce l’amore idillico-elegiaco, proprio del tempo; la forma condensata del Petrarca si scioglie e si effonde ne’ magnifici giri dell’ottava; non più concetti e sottili rapporti; hai narrazioni vivaci e fiorite descrizioni. Anche dove il concetto è dantesco, come nelle stanze del Benivieni che, lasciato il primo casto amore e corso appresso alla sirena, si sente trasformato in lonza, la forma è lussureggiante e vezzosa, e più simile a sirena che a casta donna. Modello di questo genere è la Selva di Amore di Lorenzo, composizione a stanze d’un fare largo e abbondante, alquanto sazievole, il cui difetto è appunto il soverchio naturalismo, una realtà minuta, osservata e riprodotta esattamente ne’ suoi caratteri esterni, non fatta dall’arte mobile e leggiera, non idealizzata. Tra le sue più ammirate descrizioni è quella dell’età dell’oro, dove è patente questo difetto. Vedi l’uomo in villa che tutto osserva, e anima con l’immaginazione la natura senza averne il sentimento. Ci è l’osservatore, manca l’artista.

Bella e parimente sazievole è la descrizione degli effetti che gli occhi della sua donna producono sulla natura. La soverchia esattezza nuoce all’illusione e addormenta l’immaginazione. Veggasi questa ottava:

Siccome il cacciator ch’i cari figli
Astutamente al fero tigre fura;
E benchè innanzi assai campo gli pigli,
La fera più veloce di natura
Quasi già il giunge e insanguina gli artigli;
Ma veggendo la sua propria figura
Nello specchio che trova in su la rena,
Crede sia il figlio e il corso suo raffrena.

Ci si vede un uomo che in un fatto così pieno di concitazione rimane tranquillo in uno stato prosaico, e osserva e spiega il fenomeno e lo rende con evidenza, ma