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entusiasmo fu quello, quando Baccio Ugolini, vestito da Orfeo e con la cetra in mano, scendeva il monte, cantando in magnifici versi latini le lodi del cardinale! Redeunt saturnia regna. Sembravano ritornati i tempi di Atene a Roma; salutavano con immenso grido di applauso Orfeo, nunzio alle genti della nuova era, della nuova civiltà. Nel medio evo si dicea: vivere in ispirito, ed era il ratto dell’anima alienata da’ sensi in un mondo superiore. Ciò che una volta ispirava il sentimento religioso, oggi ispira il sentimento dell’arte, la sola religione sopravvissuta, e si vive in immaginazione. I ricchi, a quel modo che decorano i palagi degli avi, decorano con l’arte i loro piaceri.
E che decorazione è quest’Orfeo! Dove sotto forme antiche vive e si move quella società idealizzata nell’anima armoniosa del poeta. È un mondo mobile e superficiale, a celeri apparizioni, e mentre fissi lo sguardo, il fantasma ti fugge: la parola è come ebbra e si esala nel suono e nel canto: il pensiero è appena iniziale, incalzato dalle onde musicali: la tragedia è una elegia, l’inno è un idillio; e n’esce un mondo idillico-elegiaco, penetrato di un dolce lamento, che non ti turba, anzi ti lusinga e ti accarezza, insino a che questo bel mondo dell’arte ti si disfà come nebbia, e ti svegli violentemente tra il furore e l’ebbrezza dei sensi. Il canto di Aristeo, il coro delle Driadi, il ditirambo delle Baccanti sono le tre tappe di questo mondo incantato, la cui quiete idillica penetrata di flebile e molle elegia si scioglie nel disordine bacchico. La lettura non basta a darne un’adeguata idea. Bisogna aggiungervi gli attori e le decorazioni e il canto e la musica e l’entusiasmo e l’ebbrezza di una società che ci vedea una così viva immagine di sè stesso. Il suo ideale, il suo Orfeo è una lieve apparizione, ondeggiante tra’ più delicati profumi a cui se troppo ti accosti, ti fuggirà come Euridice. È un