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lora in voga. La Stella ricorda in molte parti le avventure della bella sventurata Zinevra, sei anni andata tapinando per lo mondo. Spesso c’entra il comico e il buffonesco, e ti par d’essere in piazza a sentir le ciane che si accapigliano. La lauda tende al rispetto; la leggenda tende alla novella.

La leggenda è un racconto maraviglioso animato da uno spirito mistico o ascetico, con le sue estasi, le sue visioni, i suoi miracoli. Ci è al di sotto la fede che fa muovere i monti, e ti tiene al di sopra de’ sensi, anzi sforza i sensi e dà loro le ali dell’immaginazione. Questo mondo miracoloso dello spirito fatto così palpabile come fosse corpo e rappresentato senza alcuno artificio che lo renda verisimile, anzi con la più grande ingenuità, essendo quelle verità incontrastate pel narratore e pei lettori. Questa impressione ti fanno le leggende del Passavanti e le vite del Cavalca.

Questo è il mondo stesso che comparisce nelle rappresentazioni o misteri di questo secolo. Sono antiche rappresentazioni, messe a nuovo, intonacate, imbiancate, a uso di un pubblico più colto. Santo Abraam, Alessio, Abramo, Eugenio e Maddalena, i santi e i padri e i romiti del Cavalca ti sfilano innanzi. Con la natia rozzezza è ita via anche la semplicità e l’unzione e ogni sentimento liturgico e ascetico. Il miracolo ci sta come miracolo, cioè a dire come una macchina del maraviglioso, a quel modo che è la Fortuna nelle novelle del Boccaccio. Il motivo drammatico e l’effetto che fanno sugli spettatori certe grandi mutazioni e improvvisi nello stato de’ personaggi morale o materiale; perciò non gradazioni, non ombre, non sfumature, i contorni sono chiari e decisi; l’azione è tutta esteriore e superficiale e si ferma solo, quando una mutazione improvvisa provoca esplosioni liriche di gioia, di dolore, di meraviglia. Ci è quella lirica superficiale e quella chiarezza epica che è propria del