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la lingua, dovea altresì risuscitare quel contenuto e dargli moto e spirito.

L’Italia avea già una coltura propria e nazionale molto progredita: l’Europa andava già ad imparare nella dotta Bologna. Teologia, filosofia, giurisprudenza, scienze naturali, studii classici aveano già con vario indirizzo dato un vivo impulso allo spirito nazionale. Quel contenuto cavalleresco dovea parer frivolo e superficiale ad uomini educati con Virgilio ed Ovidio, che leggevan San Tommaso e Aristotile, nutriti di pandette e di dritto canonico, ed aperti a tutte le maraviglie dell’astronomia e delle scienze naturali. Le tenzoni d’amore doveano parer cosa puerile a quegli atleti delle scuole, così pronti e così sottili nelle lotte universitarie. Quella forma di poetare dovea parer troppo rozza e povera a gente già iniziata in tutti gli artificii della rettorica. Nacque l’entusiasmo della scienza, una specie di nuova cavalleria che detronizzava l’antica. Lo stesso impeto che portava l’Europa a Gerusalemme, la portava ora a Bologna. Gli storici descrivono co’ più vivi colori questo grande movimento di curiosità scientifica, il cui principal centro era in Italia.

E la scienza fu madre della poesia italiana, e la prima ispirazione venne dalla scuola. Il primo poeta è chiamato il Saggio1, e fu il padre della nostra letteratura, fu il bolognese Guido Guinicelli, il nobile, il massimo, dice Dante, il padre:

Mio e degli altri miei miglior che mai,
Rime d’amore usâr dolci e leggiadre.

Guido nel 1270 insegnava lettere nell’Università di Bologna. Il volgare era già formato e si chiamava lingua

  1. Come dice Dante:

    Amore e cor gentil sono una cosa,
         Siccome il Saggio in suo dittato pone.