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Ma dove il periodo boccaccevole diviene una creazione sui generis, un organismo vivente, è nel lato comico e sensuale del suo mondo. E non già che vi adoperi maggiore artificio o finezza; ma è che qui ci è la musa, vale a dire tutto un mondo interiore, la malizia, la sensualità, la mordacità, un vero sentimento comico e sensuale. Ed è questa sentimentalità la sola che la natura abbia concessa al Boccaccio, che penetra in quei flessuosi giri della forma e ne fa le sue corde. Il suo periodo è una linea curva che serpeggia o guizza ne’ più libidinosi avvolgimenti, con rientrature, e spezzamenti, e spostamenti, e riempiture, e sono vezzi e grazie, o civetterie di stile che ti pongono innanzi non pur lo spettacolo nella sua chiarezza prosaica, ma il suo motivo sentimentale e musicale. Quelle onde sonore, quelle pieghe ampie della forma latina, piena di gravità e di decoro, dove si sente la maestà e la pompa della vita pubblica, trasportata dal foro nelle pareti di una vita privata oziosa e sensuale, diventano i lubrici volteggiamenti del piacere stuzzicato dalla malizia. In bocca a Tito, a Gisippo, senti la rettorica imitazione di un mondo fuori della coscienza, l’aria è pur quella ma cantata da un borghese, che non ne ha il sentimento e sbaglia spesso il motivo. Qui al contrario, in questo mondo erotico e malizioso, hai la stess’aria penetrata da un altro motivo che la soggioga e se l’assimila; e quelle forme magniloquenti che arrotondivano la bocca degli oratori, arrotondiscono il vizio e gli dànno gli ultimi finimenti e allettamenti. I latini nell’espressione del comico gittavano via le armi pesanti e vestivano alla leggiera; il Boccaccio concepisce come Plauto, e scrive come Cicerone. Pure il suo concepire è così vivo e vero che Cicerone si trasforma nella sua immaginazione in una Sirena vezzosa che tutta in sè si spezza e si dimena. Ma spesso, tutto dentro nel soggetto, gitta via i viluppi e i contorcimenti,