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una certa non dirò commozione, ma emozione di una immaginazione calda, e n’escono movimenti sentimentali, come nelle ultime parole della figliuola di Tancredi e in alcuni tratti della Griselda.

Questa forma di periodo che si affà così poco alla scienza e al sentimento, dove appare un mero meccanismo foggiato alla latina, acquista senso e moto, quando il teatro della vita è nell’immaginazione, cioè a dire quando l’autore si trova nel vivo dell’azione, non con idee e sentimenti, ma con oggetti innanzi ben determinati. Tale è la descrizione della peste, o del combattimento di Gerbino. Perchè il fatto non è come l’idea, uno e semplice, ma come il corpo, è un multiplo, un insieme di circostanze e di accessorii. Questo insieme è il periodo, il quale nella sua evoluzione è ciò che in pittura si chiama un quadro. Aggruppare le circostanze, subordinarle, coordinarle intorno ad un centro, ombreggiare, lumeggiare, è arte somma nel Boccaccio. La descrizione, quando sta per sè, in astratto e separata dall’azione, non riscalda abbastanza l’immaginazione o riesce fronzuta, com’è spesso nelle introduzioni. Ma quando ci è qualche cosa che si move e cammina, e rassomiglia ad un’azione, l’immaginazione si mette in moto anche lei, e assiste pacata allo spettacolo, disegnando e facendo quadri in quelle larghe forme che si chiamano periodi. Questa maniera di narrare a quadri non è certo l’andamento naturale dell’azione, che perde l’impeto e l’attrito, arrestata ne’ suoi movimenti più rapidi dall’occhio tranquillo di una immaginazione disegnatrice. E perciò non è maniera conveniente alla storia, e non è prosa, ma è arte in forma prosaica, e narrazione poetica. Que’ quadri e periodi ti danno non pur l’ordine e il legame e il significato de’ fatti, ma le movenze, le attitudini, le gradazioni: onde nasce quell’effetto d’insieme che dicesi fisonomia o espressione.