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la lettura de’ romanzi, e predicava i digiuni e i cilizi come la via al paradiso. È una reazione che si annunzia naturalmente con la licenza e il cinismo. La carne scomunicata si vendica, e chiama meccanici i suoi maldicenti, cioè gente che giudica grossamente secondo l’opinione volgare. Così il mondo dello spirito in quelle sue forme eccessive è divenuto per questa gente il mondo volgare. È immaginabile con che voluttà la carne, dopo la lunga compressione di sfoghi, con che delizia ti ponga innanzi ad uno ad uno i suoi godimenti, scegliendo i modi e le frasi più scomunicate, e talora volgendo a senso osceno frasi e immagini sacre. È il mondo profano in aperta ribellione, che ha rotto il freno e fa la caricatura al padrone, cadutogli di sella. Su questo fondo comico s’intreccia una grande varietà di accidenti, di cui sono gli eroi i due protagonisti immortali di tutte le commedie, chi burla e chi si fa burlare, i furbi e i gonzi, e di questi i più martoriati e i più innocenti, i mariti. E fra tanti accidenti si sviluppa una grande ricchezza di caratteri comici, de’ quali alcuni sono rimasti veri tipi, come il cattivello di Calandrino e lo scolare vendicativo che sa dove il diavolo tien la coda. I caratteri serii sono piuttosto singolarità che tipi, individui perduti nella minutezza ed eccezionalità della loro natura, come Griselda, Tito, il conte di Anguersa, madama Beritola, Ginevra e la Salvestra, e l’Isabetta e la figlia di Tancredi. Ma i caratteri comici sono la parte viva e intima e sentita di questo mondo, e riflettono in sè fisonomie universali che incontrate nell’uso comune della vita, come compar Pietro, e maestro Simone, e Fra Puccio, e il frate montone, e il giudice squasimodeo, e Monna Belcolore, e Tofano, e Gianni Lotteringhi, e tutte le varietà, perchè infinita è la turba degli stolti. Così questo mondo spensierato e gioviale si disegna, prende contorni, acquista una fisonomia, diviene la Commedia umana.