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esser comico. E il comico dà a questo mondo la sua fisonomia e la sua serietà.
Questa società è essa medesima una materia comica, perchè niente è più comico, che una società spensierata e sensuale, da cui escono i tipi di Don Giovanni e di Sancio Panza. Ma è una società che rappresentava a quel tempo quanto di più intelligente e colto era nel mondo, e ne aveva coscienza. Una società siffatta aveva il privilegio di esser presa sul serio da tutto il mondo e di poter ridere essa di tutto il mondo. In effetti due cose serie sono in questa novella, l’apoteosi dell’ingegno e della dottrina che si fa riconoscere e rispettare da’ più potenti signori, e una certa alterezza borghese che prende il suo posto nel mondo e si proclama nobile al pari dei baroni e de’ conti. Questi sono i caratteri di quella classe a cui apparteneva il Boccaccio, istruita, intelligente, che teneva sè civile e tutto l’altro barbarie. E il comico qui nasce appunto da questo: è la caricatura che l’uomo intelligente fa delle cose e degli uomini posti in uno strato inferiore della vita intellettuale. La società colta aveva innanzi a sè i frati ed i preti, o come dice il Boccaccio, le cose cattoliche, orazioni, confessioni, prediche, digiuni, mortificazioni della carne, visioni e miracoli; e dietro stava la plebe con la sua sciocchezza e la sua credulità. Sopra questi due ordini di cose e di persone il Boccaccio fa sonare la sferza.
Materia del comico è dunque l’efficacia delle orazioni, come il paternostro di san Giuliano, il modo di servire Dio nel deserto, la vita pratica de’ frati, dei preti e delle monache in contraddizione con le loro prediche, l’arte della santificazione insegnata a fra Puccio, i miracoli e le apparizioni de’ santi, come l’apparizione dell’angelo Gabriello, e la semplicità della plebe, trastullo dei furbi. Visibile soprattutto è la reazione della carne contro gli eccessivi rigori di un clero che proscriveva il teatro e