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esagerazione. La tromba è mutata nella zampogna, suono più umile, ma uguale e armonioso: l’ottava procede piana e naturale, talora troppo rimessa; e non mancano di bei versi imitativi. Africo e Mensola debbono dividersi, chè l’ora è tarda, e il poeta dice:

.   .   .   .   .   partir non si sanno
Ma or si partono, or tornano, or vanno.

Altrove dice:

Sempre mirandosi avanti ed intorno,
Se Mensola vedea, poneva mente.

Frequente è in lui l’uso dello sdrucciolo in mezzo al verso, e quell’entrare de’ versi l’uno nell’altro, che slega e intoppa le sue ottave eroiche, ma dà a queste ottave idilliche un aspetto di naturalezza e di grazia. Il suo periodo poetico saltellante e imbrogliato nella Teseide qui è corrente e spedito, assai prossimo al linguaggio naturale e familiare:

Ella lo vide prima che lui lei,
Perchè a fuggir del campo ella prendea:
Africo la sentì gridare omei,
E poi guardando fuggir la vedea:
E infra sè disse: per certo costei
È Mensola; e poi dietro le correa;
E sì la prega, e per nome la chiama,
Dicendo: aspetta quel che tanto t’ama.

Africo dorme: e il padre dice alla moglie, Alimena:

.   .   .   .   .   .   .   .   .   o cara sposa,
Nostro figliuol mi pare addormentato,
E molto ad agio in sul letto si posa,
Sì che a destarlo mi parria peccato!
E forse gli saria cosa gravosa
Se io l’avessi del sonno svegliato.