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al di dentro di lui, il solo che si possa dire il suo mondo interiore. E quando gli riesce di coglierlo nella sua semplicità e verità, come gli si move al di dentro, allora trova sè stesso e diviene artista. Questo mondo, gittato come frammento discorde e caotico ne’ suoi romanzi epici e tragici, par fuori in tutta la sua purezza nel Ninfale fiesolano e nel Ninfale di Ameto.
Qui l’autore volgendo le spalle alla cavalleria e ai tempi eroici, rifà con l’immaginazione i tempi idillici delle antiche favole e dell’età dell’oro, quando le Deità scendevano amicamente nella terra popolata di Ninfe, di pastori, di fauni e di satiri. La mitologia non è qui elemento errante fuori di posto in mondo non suo, è lei tutto il mondo.
Questo mondo mitologico primitivo è un inno alla Natura. Nel Ninfale fiesolano la ninfa sacra a Diana, vinta dalla natura, manca al suo voto, ed è trasmutata in fonte. L’animo del racconto è il dolce peccato, nel quale cadono Africo e Mensola non per corruzione o depravazione di cuore, ma per l’irresistibile forza della natura nella piena semplicità ed innocenza della vita: sì che, saputo il fatto, ne viene compassione alla stessa Diana. Indi a poco sopraggiunge Atalante, e con la guida del figlio della colpa, nato da Mensola, distrugge gli asili sacri a Diana, e marita le Ninfe per forza, ed edifica Fiesole ed introduce la civiltà e la coltura. Così il mondo mitologico perisce con le sue selvatiche istituzioni, e comincia il viver civile conforme alle leggi della natura e dello amore.
Il racconto è diviso in sette parti o canti ed è in ottava rima. L’autore non costretto a gonfiare le gote nè a raffinare i sentimenti si fa cullare dolcemente dalla sua immaginazione in questo mondo idillico, e descrive paesaggi e scene di famiglia e costumi pastorali con una facilità che spesso è negligenza, non è mai affettazione o