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Non n’era un torto, e cadean sostenuti
Sopra li candidi omeri, nè foro
Prima, nè poi sì bei giammai veduti:
Nè altro sopra quelli ella portava,
Che una corona che assai si stimava.

Ottave e versi soffrono malattia di languore: così procede il suono fiacco e sordo.

La Teseide è indirizzata a Fiammetta, e copertamente e sotto nomi greci espone una vera storia d’amore. Ma la gravità del soggetto, e le intenzioni letterarie soperchiarono l’autore e lo tirarono in un mondo epico pel quale non era nato. Meglio riuscì nel Filostrato, dove lo scheletro greco e troiano esattamente riprodotto nella sua superficie è penetrato di una vita tutta moderna. L’allusione non è in questo o quel fatto, come nella Teseide, ma è nello spirito stesso del racconto. I languori di Troilo, gli artificii di Pandaro, che è il mezzano, le resistenze sempre più deboli di Griseida, le gradazioni voluttuose di un amore fortunato, le arti e le lusinghe di Diomede presso Griseida, la sua vittoria e le disperazioni di Troilo, questo non è epico e non è cavalleresco, se non solo ne’ nomi de’ personaggi, è una pagina tolta alla storia secreta della corte napoletana, è il ritratto della vita borghese, collocata di mezzo fra la rozza ingenuità popolana e l’ideale vita feudale o cavalleresca. Qui per la prima volta l’amore, squarciato il velo platonico, si manifesta nella sua realtà ed autonomia, separato da’ suoi antichi compagni, l’onore e il sentimento religioso; e non è già amore popolano, ma borghese, cioè a dire raffinato, pieno di tenerezze e di languori, educato dalla coltura e dall’arte. Mancati tutti gli altri sentimenti della vita pubblica e religiosa, non rimane altra poesia che della vita privata. La quale è vil prosa, quando il fine del vivere non è che il guadagno; ed è nobilitata dall’amore, vivere tra’ godimenti