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po di battaglia, e il poeta vi recita su questa magnifica tirata rettorica: «Oh misera fortuna, quanto sono i tuoi movimenti vani e fallaci nelle mondane cose! Ove sono i molti tesori che tu con ample mani gli avevi dati? Ove i molti amici? Ove la gran famiglia? Tu gli hai con subito giramento tolte tutte queste cose, e il suo corpo senza sepoltura morto giace negli strani campi. Almeno gli avessi tu concedute le romane lacrime, e le tremanti dita del vecchio padre gli avessero chiusi i morienti occhi, e l’ultimo onore della sepoltura gli avesse potuto fare». Giulia sviene; gli spiriti suoi vagabondi pare che vadano per lo vicino aere, e il poeta fa una lunga apostrofe a Lelio che lei semiviva abbandona, e dice di Amore: «Deh! quanto Amore si portò villanamente tra voi, avendovi tenuti insieme con la sua virtù tanto tempo caramente congiunti, e ora, nell’ultimo partimento non consentì che voi vi avessi insieme baciati o almeno salutati». I personaggi fanno spesso lunghe orazioni con tutti gli artificii della rettorica, com’è la parlata di Pluto a’ ministri infernali, imitata dal Tasso. Spesso la sensualità si scopre tra le lacrime. Giulia si straccia i capelli e si squarcia le vesti; il giovane deplora quello sconcio tirare che traeva i biondi capelli dell’usato modo e ordine, e aggiunge: «I vestimenti squarciati mostravano le colorite membra che in prima solevano nascondere». Non mancano qua e colà tratti affettuosi, e anche modi e forme di dire semplici, efficaci; ma rimane il più spesso fuori dell’uomo e della natura, inviluppato in perifrasi, circonlocuzioni, aggettivi, orazioni, descrizioni e citazioni; ci si sente una viva tendenza al reale guastata dalla rettorica e dall’erudizione. Accampandosi nel mondo antico, e portandovi pretensioni erudite e rettoriche, la letteratura se da una parte si emancipava da quel mondo teologico-scolastico che sorgeva come barriera tra l’arte e la natura, s’intop-

 De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. I 20