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non è ancor donna. Sta ancora sul piedistallo di statua; non è scesa in mezzo agli uomini, non si è umanata. Coloro i quali vogliono leggere nell’anima di questo essere muto e senza espansione e cercarvi il suo segreto, fanno il contrario di quello che volle il poeta, cercano la donna dov’egli vedea la Dea. Certo a’ nostri occhi Laura dee parere una forma monotona, e anche talora insipida; ma chi si mette in quei tempi mitici e allegorici, troverà in Laura la creatura più reale che il medio evo poteva produrre.

La vita di Laura diviene umana appunto allora che è morta ed è fatta creatura celeste. Qui l’amore non può aver niente più di sensuale; è l’amore di una morta, viva in cielo, e può liberamente spandersi. Non vedi più i capei d’oro, e le rosee dita e il bel piede, dal quale l’erbetta verde e i fiori di color mille desiderano d’esser tocchi. Pure questa Laura non dipinta è più bella, e soprattutto più viva, perchè meno altera, meno Dea e più donna, quando apparisce all’amante, e siede sulla sponda del suo letto, e gli asciuga gli occhi con quella mano tanto desiata; e salendo al cielo fra gli Angioli si volge indietro come aspetti qualcuno; e nella suprema beatitudine desidera il bel corpo e l’amante, ed entra con lui in dolci colloqui. Così il mistero di Laura si scioglie nell’altro mondo, come è nella Commedia: tutte le contraddizioni finiscono. Sciolta dalle condizioni del reale, tolta di mezzo la carne, divenuta creatura libera dell’immaginazione. Laura par fuori con chiarezza, acquista un carattere, dove ci è la Santa, e ci è soprattutto la donna. Esseri taciturni e indefiniti, mentre vivono, Beatrice e Laura cominciano a vivere, appunto quando muojono.

E il mistero si scioglie anche nel Petrarca. In vita di Laura, sorge l’opposizione tra il senso e la ragione, tra la carne e lo spirito. Questo concetto fondamentale del medio evo, se nel Petrarca è purificato della sua forma