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natura e della bellezza: ond’è nata una mollezza e dolcezza di forma, che con poche correzioni potresti dir di oggi: così è giovine e fresca.
E se il sonetto dello sparviero è della Nina, se è lavoro di quel tempo, come non pare inverisimile, e un altro esempio della eccellenza a cui era venuto il volgare, maneggiato da un’anima piena di tenerezza e d’immaginazione.
Tapina me che amava uno sparviero,
Amaval tanto ch’io me ne moria;
A lo richiamo ben m’era maniero,
Ed unque troppo pascer nol dovria.
Or è montato e salito sì altero;
Assai più altero che far non solia;
Ed è assiso dentro a un verziero,
E un’altra donna l’averà in balìa.
Isparvier mio, ch’io t’avea nodrito;
Sonaglio d’oro ti facea portare,
Perchè nell’uccellar fossi più ardito.
Or sei salito siccome lo mare,
Ed hai rotto li geti1 e sei fuggito,
Quando eri fermo nel tuo uccellaro.
Con la caduta degli Svevi questa vivace e fiorita coltura siciliana stagnò, prima che acquistasse una coscienza più chiara di sè e venisse a maturità. La rovina fu tale, che quasi ogni memoria se ne spense, ed anche oggi, dopo tante ricerche, non hai che congetture, oscurate da grandi lacune.
Nata feudale e cortigiana, questa coltura diffondevasi già nelle classi inferiori, ed acquistava una impronta tutta meridionale. Il suo carattere non è la forza, nè l’elevatezza, ma una tenerezza raddolcita dall’immaginazione e non so che molle e voluttuoso fra tanto riso di natura. Anche
- ↑ Geto è un lacciuolo di pelle che si lega a’ piè degli uccelli.