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che a Livio e a Cicerone, più inclinato alle fantasie e alle estasi, che all’azione. Natura contemplativa e solitaria, la vita esterna fu a lui non occupazione, ma diversione; la sua vera vita fu al di dentro di sè; il solitario di Valchiusa fu il poeta di sè stesso, Dante alzò Beatrice nell’universo, del quale si fece coscienza e la voce; egli calò tutto l’universo in Laura, e fece di lei e di sè il suo mondo. Qui fu la sua vita, e qui fu la sua gloria.
Pare un regresso; pure è un progresso. Questo mondo è più piccolo, è appena un frammento della vasta sintesi dantesca, ma è un frammento divenuto una compiuta e ricca totalità, un mondo pieno, concreto, sviluppato, analizzato, ricerco ne’ più intimi recessi. Beatrice sviluppata dal simbolo e dalla scolastica, qui è Laura nella sua chiarezza e personalità di donna; l’amore, scioltosi dalle universe cose entro le quali giaceva inviluppato, qui non è concetto, nè simbolo, ma sentimento; e l’amante che occupa sempre la scena, ti dà la storia della sua anima, instancabile esploratore di sè stesso. In questo lavoro analitico psicologico la realtà pare sull’orizzonte chiara e schietta, sgombra di tutte le nebbie, tra le quali era stata ravvolta. Usciamo infine da’ miti, da’ simboli, dalle astrattezze teologiche e scolastiche, e siamo in piena luce nel tempio dell’umana coscienza. Nessuna cosa oramai si pone di mezzo tra l’uomo e noi. La sfinge è scoperta: l’uomo è trovato.
Gli è vero che la teoria rimane la stessa. La donna è scala al Fattore; l’amore è il principio delle universe cose; ma tutto questo è accessorio, è il convenuto; la sostanza del libro è la vicenda assidua de’ fenomeni più delicati del cuore umano. Cresciuto in Avignone fra le tradizioni provenzali e le corti d’amore, quando Francesco da Barberino avea già pubblicato i Documenti d’Amore e i Reggimenti delle Donne, raccolta di tutte le leggi e costumanze galanti, egli attinge nello stesso arsenale, e