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Dante vede, ma è visione, di cui hai le parole e non la forma; ci è l’intelletto, non ci è più l’immaginazione, divenuta un semplice lume, un barlume. La forma sparisce; la visione cessa quasi tutta; sopravvive il sentimento:
quasi tutta cessa
Mia visïone, ed ancor mi distilla
Nel cor lo dolce che nacque da essa.
Così la neve al sol si disigilla;
Così al vento nelle foglie lievi
Si perdea la sentenzia di sibilla.
L’immaginazione morendo manda in questi bei versi l’ultimo raggio. All’alta fantasia manca la possa; e insieme con la fantasia muore la poesia.
Così finisce la storia dell’anima. Di forma in forma, di apparenza in apparenza, ritrova e riconosce se stessa in Dio, pura intelligenza, puro amore e puro atto. Ed è in questa concordia che l’anima acqueta il suo desiderio, trova la pace. Nell’inferno signoreggia la materia anarchica: le sue forme ricevono d’ogni sorte differenze, spiccate, distinte, corpulente e personali. Nel purgatorio la materia non è più la sostanza, ma un momento: lo spirito acquista coscienza di sua forza, e contrastando e soffrendo conquista la sua libertà: la realtà vi è in immaginazione, rimembranza del passato da cui si sprigiona, aspirazione all’avvenire a cui si avvicina; onde le sue forme sono fantasmi e rappresentazioni dell’immaginativa anzi che obbietti reali: pitture, sogni, visioni estatiche, simboli e canti. Nel paradiso lo spirito già libero di grado in grado s’india; le differenze qualitative si risolvono, e tutte le forme svaporano nella semplicità della luce, nella incolorata melodia musicale, nel puro pensiero. Quel regno della pace che tutti cercavano, quel regno di Dio, quel regno della filosofia, quel di là, tormento e amore di tanti spiriti, è qui realizzato. Il con-