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il delitto. Il movimento si estingue a poco a poco, la vita si va petrificando, finchè cessa in tutto la lacrima, la parola e il moto. L’immagine più schietta di questo mondo cristallizzato è il teschio dell’Arcivescovo Ruggieri, inanimato e immobile sotto i denti di Ugolino.

L’Ugolino è una delle più straordinarie e interessanti fantasie. È per lui che la vita e la poesia entra in questo mare morto, dove la natura e il demonio e l’uomo è materia stupida e senza interesse. Come concetto morale, il tradimento è la colpa più grave; ma qui manca l’organo della colpa, il grido della coscienza sembra agghiacciato insieme col colpevole. Questo grido può uscire dal petto concitato di Dante, spettatore, come è già avvenuto in Malebolge, dove l’invettiva di Dante risolve il comico. Qui ci è di meglio. Tra questi esseri petrificati Dante gitta il suo Ugolino ghiacciato come gli altri, come traditore egli pure, ma col capo sul capo di Ruggieri, perchè insieme egli è il suo tradito, e il suo carnefice. È la vittima che qui alza il grido contro il traditore, e gli sta eternamente co’ denti sul capo, saziando in quello il suo odio, istrumento inconscio della vendetta di Dio. Così è nato l’Ugolino, il personaggio più ricco, più moderno, più popolare di Dante, dove l’analisi è più profonda e più sviluppata, nelle sue straordinarie proporzioni così umano e vero.

Prendete ora una carta topografica dell’inferno, e guardate questa piramide capovolta, a forma d’imbuto. Vedete l’immensa base alla cima, senza figura altra che di cerchi, fra le tenebre eterne, e poi quei cerchi prendon figura di città rosseggiante di fiamme, e la città di bolgia putrida e puzzolenta, e la bolgia di pozzo entro il quale è petrificata la natura; in cima l’infinito, alla fine il tristo buco sopra il qual pontan tutte le altre rocce; e voi avete così l’immagine visibile di questo inferno estetico. Gli è come nelle rivoluzioni. Nel primo entu-