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dove insieme con la vita muore la poesia. Indi la storia dell’inferno.
Dapprima la situazione è tragica; il motivo è la passione, dove la vita si manifesta in tutta la sua violenza; perchè la passione raccoglie tutte le forze interiori, distratte e sparpagliate nell’uso quotidiano della vita, intorno a un punto solo, di modo che lo spirito acquista la coscienza della sua libertà infinita. Preso per sè stesso lo spirito ed isolato dal fatto, la sua forza è infinita e non può esser vinta neppure da Dio, non potendo Dio fare ch’esso non creda, non senta, e non voglia quello che crede, sente e vuole. Non vi è donnicciuola, così vile, che non si senta forza infinita, quando è stretta dalla passione. Io ti amo, e ti amerò sempre, e se dopo morte si ama, ed io ti amerò, e piuttosto con te in inferno, che senza te in paradiso. Queste sono le eloquenti bestemmie che traboccano da un cuore appassionato, e che rendono eroiche la timida Giulietta e la gentile Francesca.
Ma quando la passione vuole realizzarsi, s’intoppa in un altro infinito, nell’ordine generale delle cose, di cui si sente parte e innanzi a cui è un fragile individuo. E n’esce la tragica collisione tra la passione e il Fato, l’uomo e Dio, il peccato. Nella vita nè la passione, nè il fato sono nella loro purezza, la passione ha le sue fiacchezze e oscillazioni; il fato talora è il caso, o l’espressione collettiva di tutti gli ostacoli naturali e umani in cui intoppa il protagonista. Ma nell’inferno l’anima è isolata dal fatto, ed è pura passione e puro carattere, perciò inviolabile e onnipotente, e il Fato è Dio, come eterna giustizia è legge morale: onde la prima parte dell’inferno, ove incontinenti e violenti, esseri tragici e appassionati, mantengono la loro passione di rincontro a Dio, è la tragedia delle tragedie, l’eterna collisione nelle sue epiche proporzioni.
De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. I | 13 |