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Reale e ideale diventano identici, apparenza e sostanza è tutt’uno. L’uomo non ha più libero arbitrio; è lì, fissato e immobilizzato, come natura. Ogni azione è cessata; ogni vincolo che lega gli uomini in terra, è sciolto, patria, famiglia, ricchezze, dignità, costumi. Non c’è più successione, nè sviluppo, non principio e non fine: manca il racconto e manca il dramma. L’individuo scompare nel genere. Il carattere, la personalità, non ha modo di manifestarsi. Eterno dolore, eterna gioja, senza eco, senza varietà, senza contrasto nè gradazione. Non ci è epopea, perchè manca l’azione; non ci è dramma, perchè manca la libertà: la lirica è l’immutabile e monotona espressione di una sola aria; rimane l’esistenza nella sua immobile estrinsechezza, descrizione della natura e dell’uomo.
Che cosa è dunque l’altro mondo per rispetto all’arte? È visione, contemplazione, descrizione, una storia naturale.
Ma in questa visione penetra la leggenda o il mistero, perchè ivi dentro è rappresentata la Commedia o redenzione dell’anima nel suo pellegrinaggio dall’umano al divino, da Fiorenza in popol giusto e sano. Ci hai dunque l’apparenza di un dramma, che si svolge nell’altro mondo, i cui attori sono Dante, Virgilio, Catone, Stazio, il demonio, Matilde, Beatrice, san Pietro, san Bernardo, la Vergine, Dio, dramma allegorico, come allegorica è la commedia dell’anima. Dico apparenza di un dramma, perchè la santificazione nasce non dall’operare ma dal contemplare, e Dante contempla, non opera, e gli altri mostrano, insegnano. Il dramma dunque svanisce nella contemplazione.
Questo mondo così concepito era il mondo de’ misteri e delle leggende, divenuto mondo teologico scolastico in mano a’ dotti. Dante lo ha realizzato, gli ha dato l’esistenza dell’arte, ha creato quella natura e quell’uomo.