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vuol fare la figura de’ suoi concetti. Ma come attinge il reale ivi sente sè stesso, ivi genera, ivi l’ingegno trova la sua materia; queste figure prendono corpo, acquistano una vita propria; e le direste creature libere e indipendenti, se quella benedetta intenzione non vi fosse rimasa attaccata come una palla di piombo, impacciando a volta a volta i loro movimenti. Così quel mondo internazionale, tanto caro al poeta, si è ito come nebbia dissipando innanzi alla luce del mondo reale, solo rimasto vivo. Tutto l’altro è l’astratto di quel mondo, è il lavoro oltrepassato, non è la Commedia, è il suo di là, la sua nebbia, che pur penetra qua e là e lascia delle grandi ombre, che gl’interpreti dilatano e trasformano in una sola e vasta ombra. A quel modo che i geologi scoprono i vestigi di forme imperfette, che attestano la lenta e progressiva formazione della materia; qui si discernono i frammenti di un mondo prosaico, intellettuale, allegorico, scissi, isolati, sterili, più o meno tollerabili, secondo la maggiore o minore abilità dell’esposizione, inviluppati in una forma più alta, alla quale il genio sospinse il poeta attraverso gli errori della sua poetica. I quali frammenti sono i fossili della Commedia, morti già da gran tempo, vivi solo agli eruditi, i geologi della letteratura; e se la loro morte non ha potuto seco involgere il rimanente, gli è che il vero lavoro è in questo rimanente, dotato di una vita così fresca e tenace, che distende un po’ di sua luce anche sulle parti morte. Quel contenuto astratto vive in grazia del mondo in cui si trova entrato; spiccatenelo, isolatelo, e non se ne parlerebbe più.

Che cosa è dunque la Commedia? È il medio evo realizzato, come arte, malgrado l’autore e malgrado i contemporanei. E guardate che gran cosa è questa! Il medio evo non era un mondo artistico, anzi era il contrario dell’arte. La religione era misticismo, la filosofia scolasticismo. L’una scomunicava l’arte, abbruciava le imma-