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Dopo la morte di Beatrice erasi dato con tale ardore allo studio che la vista ne fu debilitata. Finisce la Vita Nuova con la speranza di dire di lei quello che non fu mai detto di alcuno. E fece di questo suo primo e solo amore la bellissima e onestissima figlia dell’Imperatore dell’universo, alla quale Pitagora pose nome filosofia. Frutti di questi nuovi studi furono le sue canzoni allegoriche e scientifiche.
Tra questi studi nacque la seconda Beatrice, luce spirituale, unità ideale, l’amore che congiunge insieme intelletto e atto, scienza e vita. Intelletto, amore, atto, era questa la trinità, che fu il suo secondo amore, la sua filosofia. Beatrice divenne un simbolo, e la poesia vanì nella scienza.
Quel mondo lirico, che a noi pare troppo astratto, parve poco spirituale ai contemporanei, che chiamavano sensuale quel primo amore di Dante, e poco intendevano questo suo secondo amore. E Dante per cessare da sè l’infamia e per mostrare la dottrina nascosa sotto figura di allegoria, volle illustrare e comentare le sue canzoni egli medesimo.
Era dottissimo. Teologia, filosofia, storia, mitologia, giurisprudenza, astronomia, fisica, matematica, rettorica, poetica, di tutto lo scibile avea notizia e non superficiale: perchè di tutto parlò con chiarezza e con padronanza della materia. Il disegno gli si allargò: al poeta tenne dietro lo scienziato: e pensò di chiudere in quattordici trattati, quante erano le canzoni, tutta la scienza nella sua applicazione alla vita morale. Un lavoro simile, che Brunetto chiamò Tesoro, altri chiamavano Fiore, o Giardino, egli chiamò Convito, quasi mensa dov’è imbandito il pane degli angeli, il cibo della sapienza. Brunetto avea scritto il Tesoro in francese, gli altri trattavano la scienza in latino. La prosa volgare era tenuta poco acconcia a questa materia, massime dopo l’infelice versione dell’Etica