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È il concetto ascetico dell’inferno applicato anche alla vita terrestre. Questa nella sua prima apparizione letteraria è ancora nella sua generalità morale, non è sviluppata nei suoi interessi, ne’ suoi fini, nelle sue passioni e nelle sue idee politiche: di che solo può nascere il dramma. Il senso del reale era ancora troppo scarso, perchè il dramma fosse possibile. Non ci è il sentimento collettivo, non il partito e non la società: ci è l’individuo appena analizzato, rappresentato buono o cattivo e retribuito secondo le opere, forma elementare della vita reale. Il feroce e il grottesco delle pene infernali hanno qui un riscontro nelle immani crudeltà di Ezzelino e nella immane punizione.
Questo concetto morale, ancorchè non ancora penetrato e sviluppato in tutti gli aspetti della vita, pure non è più un motto, un proverbio, un ammaestramento, un fabula docet, una esposizione didattica in prosa o in verso, come nel secolo scorso, ma la vita in atto, con tutt’i caratteri della personalità, così nella vita contemplativa come nella vita attiva, così nel Carbonajo del Passavanti come nell’Ezzelino del Mussato.
Onori straordinarii furono conferiti al Mussato, tenuto pari a’ classici, quando i classici erano ancora così poco noti. Anche Venezia ebbe i suoi latinisti, che scrissero la sua storia, Andrea Dandolo e Martin Sanuto. Nell’Italia settentrionale abbondano le cronache latine. Il volgare vi si era poco sviluppato. E dappertutto teologia, filosofia, giurisprudenza, medicina era insegnata e trattata in latino. Scrissero le loro opere in questa lingua Marsilio da Padova, Cino da Pistoja, Bartolo e Baldo.
Ma in Toscana il Malespini avea già dato l’esempio di scrivere la cronaca in volgare. E Dino Compagni seguì l’esempio, scrivendo in volgare i fatti di Firenze dal 1270 al 1312. Attore e spettatore, prende una viva par-