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e dell’allegoria, dalla sua vuota generalità, e si è incarnato, è divenuto uomo.

La prosa italiana in questa letteratura acquista evidenza, colorito, caldezza di affetto, in un andar semplice e naturale, specialmente quando vi si esprimono sentimenti dolci e ingenui. È perfetto esemplare di stile cristiano, guasto di poi. Alla sua perfezione manca un più sicuro nesso logico, maggiore sobrietà e scelta di accessorii, ed una formazione grammaticale e meccanica più corretta. Con lievi correzioni molti brani possono paragonarsi a ciò che di più perfetto è nella prosa moderna. L’imitazione di Cristo è certo prosa superiore, scritta in tempo di maggior coltura. Ci è una maggiore virilità intellettuale, una logica più stretta, e pura di quella pedanteria scolastica che inseguiva i frati fino nel Convento. Ma non è superiore, quanto a quelle qualità organiche, dove è il segreto della vita, la schiettezza dell’ispirazione e il calore dell’affetto: e spesso in quella prosa, mirabile di precisione e di proprietà, desideri l’energia e l’intuizione di Caterina.

Nè questa prosa era già fattura di un solo, o di pochi, perchè la trovi anche ne’ minori, che scrivevano delle cose dello spirito. Citerò una lettera di un discepolo di Caterina, che annunzia la sua morte. «Credo che tu sappi come la nostra reverendissima e carissima mamma se ne andò in paradiso domenica, addì 29 di aprile (1380); lodato ne sia il Salvatore nostro, Gesù Cristo crocifisso benedetto. A me ne pare essere rimaso orfano, però che di lei avevo ogni consolazione, e non mi posso tenere di piangere. E non piango lei, piango me, che ho perduto tanto bene. Non potevo fare maggiore perdita, e tu il sai. Della mamma si vuol fare allegrezza e festa, quanto che è per lei; ma di quelli suoi e di quelle che sono rimasi in questa misera vita, è da piangere e da avere compassione grandissima. Con nessuna persona mi so dare