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e il suo corpo. Questa chiarezza d’intuizione, accompagnata con la squisita sensibilità e la perfetta sincerità della fede le fanno trovare forme delicate e peregrine, degne di un artista. Ma le spesse ripetizioni, l’esposizione didattica, quell’incalzare di consigli, di esortazioni e di precetti senza tregua o riposo rendono il libro sazievole e monotono.

In queste lettere di Caterina quel mondo morale rappresentato nelle vite, nelle estasi, nelle visioni de’ Santi, è sviluppato come dottrina in tutta la sua rigidità ascetica. È il codice d’amore della cristianità. La perfezione è morire a sè stesso, secondo la sua frase energica, morire alla volontà, alle inclinazioni, agli affetti umani, sino all’amore de’ figli, e tutto riferire a Dio, di tutto fare olocausto a Dio. Il suo amore verso Cristo ha tutte le tenerezze di un amore di donna, che si sfoga a quel modo, lei inconscia. L’ultima frase di ogni sua lettera è: Annegatevi, bagnatevi nel sangue di Cristo. Ardente è la sua carità pel prossimo: Amatevi, amatevi, grida la Santa, e predica pace, concordia, umiltà, perdono, voce inascoltata. La Regina Giovanna rispondea alla Santa con riverenza, e continuava la vita immonda. Lo scisma giungeva al sangue nelle vie di Roma. Più alto e puro era l’ideale della santa, meno era efficace sugli uomini. La sua vita si può compendiare in due parole: amore e morte. Celebre è la sua lettera sul condannato a morte, da lei assistito negli ultimi momenti. «Teneva il capo suo sul petto mio. Io allora sentivo un giubilo e un odore del sangue suo; e non era senza l’odore del mio, il quale io desidero di spandere per lo dolce sposo Gesù». Il sangue di Cristo la esalta, la inebbria di voluttà. Ad una serva di Dio scrive: «Inebriatevi del sangue, saziatevi del sangue, vestitevi del sangue». Sudare sangue, trasformarsi nel sangue, bere l’affetto e l’amore nel sangue, sono immagini di questo lirismo. Della cella si fa