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gine dell’amore divino. La donna, come donna, è peccato, essa diviene una specie di medium che lega l’uomo a Dio.
Il maggior grado di realtà, a cui questo mondo sia pervenuto, è nella Lirica di Dante. La donna di quel secolo acquista il suo nome e la sua forma, è Beatrice, la fanciulla uscita pura dalle mani di Dio, come l’anima nella commedia spirituale, breve apparizione, tornata così presto in Cielo tra’ canti degli angioli. La sua vita terrena è quasi non altro che nascere e morire. La sua vera vita comincia dopo la morte, nell’altro mondo. Ivi è luce mentale o intellettuale, verità e scienza. Filosofia. Ma non è filosofia incarnata, mondo vivente, dove l’idea di Dio e del vero sia perfettamente realizzata; è pura scienza, incapace di rappresentazione, nella sua forma scolastica di trattato e di esposizione. È scienza non ancora realizzata, non ancora corpo; è idea, non è visione, è didattica, non è commedia o rappresentazione. Hai misteri e visioni; manca il Mistero e la Visione, cioè un mondo vivente nel suo insieme e ne’ suoi aspetti, dove sia realizzato quel concetto teologico e filosofico dell’umanità, comune al secolo, e rimasto ancora nella sua astrazione dottrinale.
Il secolo decimoterzo si chiudeva, lasciando una lingua già formata, molta varietà di forme metriche, una poetica, una rettorica, una filosofia, ed un concetto della vita ancora didattica e allegorico, con rozzi tentativi di formazione e individuazione. Il suo primo individuo poetico è Beatrice, il presentimento e l’accento lirico di un mondo ancora involto nel grembo della scienza, ancora fuori della vita.