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zicavano la curiosità con la varietà e novità degli accidenti, e si attendeva più allo spettacoloso, a colpire l’immaginazione con apparizioni nuove e maravigliose, che a lavorarle e svilupparle. Mancava la virtù di mettersi gli oggetti a distanza e trasformarli, la realtà anche nuda era per sè stessa maravigliosa e bastava ad ottenere l’effetto, operando in modo semplice e immediato sullo scrittore e su’ lettori.
Oltrechè, siccome il contenuto riposava su di una dottrina liturgica, stabilita e inalterabile, poco era accomodato da una rappresentazione libera e artistica, anche quando usciva dalla Chiesa e dal Convento ed era maneggiato da’ laici, come fu anche de’ Misteri. Impadronirsi di quel contenuto, cacciarlo dalla sua generalità, dargli corpo e persona, sarebbe sembrata una profanazione. Lo spirito mirava a rendere accessibile quella dottrina per via di esempli, di sentenze e di allegorie, come si vedea nella Bibbia. Il reale, il concreto non avea valore se non come figura della dottrina. Ecco ad esempio in che modo è nella Commedia dell’Anima figurato il paradiso:
In su quel monte dove sta il Signore,
V’è una fontana traboccante e bella,
Che sempre getta un mirabil liquore.
D’oro e d’argento v’è la sua cannella,
Le sponde di smeraldi e d’oro fine,
E tutta la Città circonda quella,
Salite al monte, o alme peregrine,
Salite al monte, e lassù troverete
Soprabbondanti le grazie divine,
Le ultime parole spiegano la figura. Quella è la fontana della divina Grazia. Con questa tendenza lo scrittore sta contento alla semplice personificazione e gli pare di aver fatto assai a dare una immagine che renda chiaro e sensibile il suo concetto. Oltre a ciò, l’uomo colto,