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4 Storia della Letteratura Italiana.

diligentemente descritte, o avere Storici stranieri sì, ma ad essi vicini o di età o di luogo, o avere gli antichi lor monumenti, ma tali, che e si potessero sciferare sicuramente, e le principali Epoche delle loro vicende chiaramente ne stabilissero. Or degli Storici Etruschi non ci è rimasto pur uno. Gli Storici Latini, le cui opere non sono perite, troppo eran lontani da’ tempi, a cui fioriron gli Etruschi; e unicamente intenti ad innalzare la gloria de’ lor Romani, nulla curavansi di quella degli antichi loro nimici, di cui perciò appena fecero motto. Gli Storici Greci non solo per la maggior parte di età, come i Latini, ma di luogo ancora troppo eran discosti dagli Etruschi, perché delle cose loro ci potessero, o volessero dare diligente contezza. I monumenti Etruschi per ultimo, benché in sì gran copia in questi ultimi tempi scoperti, son tali però, che per la difficoltà della lingua in essi usata, di cui non ostante il lungo e penoso studio di dottissimi uomini non si è ancora accertatamente compresa l’indole e la natura, e per l’incertezza dell’età loro, non ci danno que’ lumi, che pur vorremmo trovare nelle loro Storie.

V.

È certo che essi coltivarono le scienze

Ciò non ostante anche in mezzo a sì folte tenebre abbiam tanto di luce, quanto ci basta ad assicurare, che gli Etruschi coltivaron felicemente le scienze; anzi che i primi furono per avventura, che in Europa le coltivassero1. A proceder con

  1. A questo passo cominciano gli spaventosi assalti, che l’Ab. D. Saverio Lampillas ha dati alla mia Storia ne’ due primi Tomi del suo Saggio Storico-Apologetico della Letteratura Spagnuola stampati in Genova nel 1778. Io pubblicai allora una lettera non per sostenere le mie opinioni da lui combattute, ma sol per ribattere l’ingiusta taccia da lui appostami di nimico del nome e della gloria Spagnuola. Egli persuaso forse, che debba credersi vincitore chi è l’ultimo a scrivere, replicò tosto alla mia lettera, e volle sostenere, che benché io protestassi di non avere avute le ree intenzioni, ch’egli mi attribuiva, io aveale avute veramente, e che in ciò doveasi fede a lui più che a me; ed io lasciai, ch’ei si stesse tranquillo godendo della sua vittoria. A luogo opportuno io aggiungerò la suddetta mia lettera, e aggiungerò insieme la replica dell’Ab. Lampillas, illustrandone però con qualche nota alcuni passi, che possono sembrare oscuri. Trattanto, secondo che il seguito della mia Storia il richiederà, io verrò richiamando all’esame i passi, ch’ei ne ha criticati, e mi difenderò, ove mi sembri d’aver ragione, e confesserò di avere errato, ove mi vegga convinto. Egli dunque comincia a combattere questa mia proposizione, che gli Etruschi coltivaron felicemente le scienze, anzi che i primi furono per avventura che in Europa le coltivassero; e alla mia proposizione oppone quest’altra (Tom. 2 pag. 5), In Ispagna furono coltivate le arti e le scienze prima che in Italia. Si avverta dapprima, ch’io ho scritto per avventura, appunto perché non ho voluto affermar come certo ciò,