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II. In questa parte, a dir vero, non sembra che molta lode si debba a’ Romani6 . Avvezzi a decider nel foro a chi si dovesse muover la guerra, a chi accordare la pace, avrebbon creduto di abbassarsi di troppo, se con quella mano medesima, con cui pretendevano di imporre legge al mondo, avessero maneggiato scalpello o altro plebeo strumento. Di fatti Plinio, che nel più volte citato libro moltissimi nomina più o men famosi scultori, un solo ne produce, dal cui nome si possa credere, che forse ei fosse Romano, cioè un certo Decio, di cui ancora non parla con molta lode7 . Quindi è, che il dottissimo Antiquario Winckelmann rigetta l’opinion di coloro, che ne’ Monumenti antichi distinguer vogliono lo stil Romano dall’Etrusco e dal Greco8 , e mostra, che le statue in Roma furono opera comunemente degli Artefici Etruschi, poscia de’ Greci. E a’ tempi ancora di Cesare e di Augusto veggiamo, che Greci erano gli Scultori in Roma, e Greci gli Incisori di pietre, tra’ quali celebri si rendettero singolarmente Dioscoride e Solone9 . Ma se i Romani non si degnarono essi medesimi di esercitar quest’arte, non lasciaron perciò di pregiarne e di ricercarne i lavori. Questa gloria ancora si vuole da alcuni togliere a’ Romani; e a provare, quanto in ciò fossero rozzi, si arreca il fatto, che racconta Vellejo Patercolo10, cioè che Lucio Mummio espugnata avendo l’anno 607 Corinto, e raccoltene le statue e le pitture tutte di grandissimo pregio, che vi aveva trovate, avvertì seriamente coloro, che incaricati erano di trasportarle a Roma, che avvertissero bene a non guastarne o smarrirne alcuna; poiché altrimenti gli avrebbe costretti a nuovamente rifarle a loro propie spese. Il qual fatto pruova bensì, che Mummio più di guerra intendevasi che di quest’arti; ma non pruova, che sì rozzi fossero tutti i Romani. E certo il costante uso tra loro di trasportare a Roma, e di conservare i più bei monumenti