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Girolamo Tiraboschi, Storia della Letteratura Italiana

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Capo X – Arti Liberali

I. Come nel ragionar degli Etruschi e de’ popoli della Magna Grecia e della Sicilia abbiamo ancor ragionato del fiorire, che tra essi fecero le Arti Liberali, così ragion vuole ancora, che lo stesso facciamo or de’ Romani. Ma il farem brevemente, e sol quanto basta a conoscere l’origine e il progresso di queste Arti presso di loro. E cominciando dalla Scultura e dall’Arte statuaria, Varrone citato da S. Agostino1 e Plutarco2 ci assicurano, che per lo spazio di cento settant’anni niuna statua ne’ tempj di Roma ebber gli Iddj, così avendo comandato Numa nelle sue leggi. Dico ne’ tempj; perciocché fuor di essi se ne videro anche ne’ più antichi secoli alcune, come fralle altre la statua di Giano a due faccie, che Plinio dice consecrata da Numa stesso3 . Agli uomini ancora fino da’ primi tempi si videro innalzate statue in Roma, e il medesimo Plinio rammenta quella di Clelia al tempo della guerra di Porsena4 . Erano però ne’ tempi più antichi le statue o di creta o di legno; e la prima statua di bronzo, che in Roma si vedesse, dice lo stesso Autore5 , che fu quella di Cerere fatta col denaro di Spurio Cassio, allorché egli per sospetto di affettata autorità Reale fu ucciso, il che avvenne l’anno di Roma 268. Aggiugne, che dagli Iddj passò poi quest’onore agli uomini ancora; e che successivamente erasi sparsa tanto quest’arte, che tutti i municipj ancora avean nelle lor piazze molte statue di bronzo, e che anzi le stesse case private e i lor cortili erano in ciò somiglianti alle piazze; tante eran le statue, di cui si ornavano. A me però non appartiene il cercare, quando, e a chi si ergessero statue in Roma; ma se Romani artefici vi fossero in quest’arte eccellenti, o se fosser costretti a servirsi a tal uopo degli stranieri.