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nio. Il primo è Pompeo Macro, a cui secondo il detto Autore59 una breve lettera scrisse Augusto vietandogli il render pubblici alcuni libri da Giulio Cesare in età giovanile composti: In epistola, quam brevem admodum ac simplicem ad Pompejum Macrum, cui ordinandas bibliothecas delegaverat (Augustus), misit. Il secondo è Cajo Giulio Igino Liberto d’Augusto, uomo nelle antichità versatissimo, di cui pur dice Svetonio, che fu Prefetto della Palatina Biblioteca60. E per ultimo Cajo Melisso Gramatico carissimo a Mecenate e ad Augusto, che gli diede la libertà, e gli commise la cura di ordinare le Biblioteche del Portico di Ottavia: Quo (Augusto) delegante curam ordinandarum bibliothecarum in Octaviæ porticu suscepit61. Di un altro ancora noi veggiamo fatta menzione in una Iscrizione riportata dal Muratori62. Questi è L. Vibius Aug. Servus Pamphilus Scriba Lib. & a Bibliotheca latina Apollinis; nella quale Iscrizione, che quelle parole Augusti Servus appartengano veramente ad Ottaviano Augusto, chiaro è dalle altre parole della stessa Iscrizione, che è sepolcrale, e fatta dal mentovato Vibio alla sua Moglie Vibiæ Successæ Liviæ Aug. Servæ. Nell’Iscrizione di un’altra Liberta di Livia moglie d’Augusto, detta Bira Canaciana, si nomina T. Claudius Alcibiades Mag. a Bibliotheca Latina Apollinis, item Scriba ab Epistulis Latinis63. Così pure in due altre Iscrizioni dal medesimo riferite veggiam nominati C. Julius C. L. Phronimus a Bibliotheca Græca64, e Axius a Bibli. Græca65, benché a qual tempo essi appartenessero, non si possa precisamente determinare.

XVI. Da questi passi e da queste Iscrizioni, che qui abbiamo recato, raccogliesi chiaramente, che i soprastanti alle Biblioteche in Roma erano comunemente stranieri e schiavi o liberti. Perciocché, trattone Varrone, che certo era di ragguardevole nascita, e Pompeo Macro, di cui non sappiamo la condizione, tutti gli altri son chiamati Servi o Liberti. Quindi quella gloriosa asserzion del Morofio66

Bibliothecariorum amplissima olim dignitas fuit, benché io debba desiderare, che sia

vera, debbo confessar