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viaggio; ma appena giunse al campo, e morì. Pervenutane la nuova a Roma, il Console Pansa propose in Senato, che pubblici e solenni onori si decretassero al defunto. Recitò allor Cicerone la nona delle sue Filippiche, che altro in somma non è, che un’Orazion funebre di Sulpicio, ed un perfetto modello di tali ragionamenti. Essa non si può leggere senza un dolce senso di tenerezza, e ben si scorge, che l’Oratore non cerca di adular la memoria dell’estinto amico, ma tutti passionatamente esprime i sinceri sentimenti del suo cuore. Un sol passo io qui recheronne proprio dell’argomento, di cui trattiamo, ove Cicerone loda l’insigne saper di Sulpicio nella Giurisprudenza: Nec vero silebitur, dic’egli15 , admirabilis quædam & incredibilis & pene divina ejus in legibus interpretandis, æquitate 204 explicanda, scientia. Omnes ex omni ætate, qui hac in Civitate intelligentiam juris habuerunt, si unum in locum conferantur, cum Ser. Sulpicio non sunt comparandi. Neque enim ille magis juris consultus quam justitiæ fuit. Itaque quæ proficiebantur a legibus & a jure civili, semper ad facilitatem æquitatemque referebat, neque constituere litium actiones malebat, quam controversias tollere. Ma tutta degna è d’esser letta questa patetica eloquente Orazione, e singolarmente il decreto, con cui egli la conchiude, proponendo al Senato, che una pedestre statua di bronzo a pubbliche spese si alzi a Sulpicio nel foro, intorno a cui si facciano solenni giuochi; che l’onorevol cagion di sua morte scolpita sia nella base, e che a lui si rendano i più solenni onori, che a’ più grandi uomini e a’ più benemeriti della Repubblica rendere si solevano. Il parere di Cicerone fu interamente seguito, e il Giureconsulto Pomponio, che visse nel secondo secolo dell’Era Cristiana, afferma16, che la statua di Sulpicio vedevasi tuttora in Roma presso i Rostri detti d’Augusto. Una lettera scritta da Sulpicio a Cicerone per consolarlo nella morte della diletta sua Tullia si è conservata17, e può giustamente proporsi a modello di tali lettere di conforto. Ma, ciò che più appartiene al nostro argomento, molto aveva egli scritto intorno al Diritto Civile, e il mentovato Pomponio afferma, che presso a centottanta libri aveane egli lasciati18,